mercoledì 22 febbraio 2012

Aifa e chirurghi, la guerra del Botox "Non va usato per labbra e occhi"


LA POLEMICA

Aifa e chirurghi, la guerra del Botox
"Non va usato per labbra e occhi"

A Torino il pm Guariniello ha aperto un fascicolo sui casi di vittime del botulino. L'agenzia del farmaco ribadisce i rischi legati alla somministrazione della tossina al di fuori delle sedi per cui è stata testata. I medici estetici replicano: "Nessun pericolo"

ROMA - A Torino il procuratore Raffaele Guariniello ha avviato un'indagine conoscitiva sulle "vittime del Botox" in Italia. L'iniziativa del magistrato nasce da un rapporto dell'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) secondo il quale negli ultimi tre anni sono almeno trenta i pazienti, uomini e donne, che hanno lamentato reazioni avverse dopo il trattamento con la tossina spiana-rughe. Tra Aifa e i chirurghi plastici si è così riaperto lo scontro.

Botox, i rifatti celebri 1

A riaccendere le polemiche è anche una nota che l'Aifa ha inviato di recente ai medici, nella quale si ribadisce che il botulino può essere usato per i trattamenti estetici, ma solo per le rughe glabellari, ossia quelle verticali che si formano tra le sopracciglia a una certa età. "Nella medicina estetica - si legge nella nota - , la tossina botulinica è approvata unicamente per il trattamento delle rughe glabellari, tuttavia è usata impropriamente anche per altre tipologie di rughe con il conseguente rischio di esporre i pazienti a trattamenti per i quali non è stata dimostrata la sicurezza".

L'Aifa ricorda le caratteristiche e gli effetti della tossina botulinica che "agisce direttamente sulle giunzioni neuro-muscolari e penetra all'interno del motoneurone, dove inibisce il rilascio dell'acetilcolina, impedendo la trasmissione dello stimolo nervoso e causando paralisi muscolare flaccida". L'Agenzia ricorda quali sono gli usi terapeutici - si va dalla spasticità focale alle disabilità della mano e del polso conseguenza di ictus fino all'emispasmo facciale - poi passa alla medicina estetica, "convalidando" l'utilizzo della proteina botulinica di tipo A per un unico caso: il "temporaneo miglioramento delle rughe verticali, di grado da moderato a grave, tra le sopracciglia al corrugamento, negli adulti di età superiore ai 65 anni, quando la gravità di tali rughe ha un importante impatto psicologico per il paziente".

Al di fuori di questa circostanza, secondo l'Aifa, l'uso del botulino per fini estetici, in particolare in siti di iniezione particolarmente delicati come le rughe intorno agli occhi, sulla fronte, intorno alle labbra e nel collo, è "off label", è cioè un uso diverso da quello per il quale la tossina è stata testata. In assenza di studi specifici può dunque "esporre i pazienti a seri rischi". Aldilà delle disarmonie estetiche come le "labbra a canotto" o gli zigomi bombati, l'Aifa afferma che "per esempio, la somministrazione della tossina botulinica in zone attorno alla bocca può compromettere l'uso dei muscoli della masticazione e creare disturbi del linguaggio".

Il problema è che la tossina si diffonde dai "muscoli bersaglio" a "gruppi muscolari non interessati" e quindi "potrebbe comportare gravi rischi per la salute del paziente" con reazioni avverse quali "ptosi palpebrale, cefalea, nausea, paralisi facciale focale, parestesie e formicolii, astenia, debolezza muscolare, disfagia, sindrome simil-influenzale, reazioni cutanee, reazioni allergiche, disturbi oculari". Per questo, l'Aifa raccomanda ai medici cautela nell'uso estetico della tossina botulinica e di attenersi rigorosamente "a quanto autorizzato nel Riassunto delle caratteristiche del prodotto" oltre a informare adeguatamente i pazienti dei possibili rischi conseguenti alla somministrazione della tossina.

Le reazioni della medicina estetica sono state immediate. "Il botulino è sicuro: è uno dei farmaci più studiati al mondo - dice Giulio Basoccu, chirurgo estetico responsabile della Divisione di chirurgia plastica, estetica e ricostruttiva dell'Ini (Istituto neurotraumatologico italiano - . I danni sono frutto solo di medici inesperti e sostanze illegali fatte passare per Botox. E' vero - aggiunge Basoccu - in Italia l'uso del Botox a scopo estetico è 'autorizzato' solo per le rughe glabellari, e le indicazioni vanno rispettate; però è altrettanto vero che nel resto del mondo viene utilizzato in grandissime quantità, e quindi anche con un enorme valore statistico, nella zona degli occhi, della fronte, del collo".

Secondo Basoccu, in tutto il mondo sono state impiegate quasi 4 milioni di fiale antirughe in oltre 15 anni, eppure la casistica di fenomeni avversi e danni che può provocare l'uso del Botox è molto molto bassa. "Detto questo - conclude il chirurgo estetico - il procuratore Guariniello bene fa ad aprire un'indagine per verificare il corretto uso del Botox in Italia, ma è molto difficile indagare sulla capacità di un medico. Sono le mani inesperte a fare danni. E le sostanza illegali che sono vendute come Botox".

Sulla stessa linea Nicolò Scuderi, chirurgo plastico dell'università La Sapienza di Roma: "Dal 2004, anno in cui si è cominciato a usare il botulino in Italia, non c'è stato un caso legato alla tossina che non sia stato transitorio.
Ogni anno - dice Scuderi - si praticano 80mila trattamenti, vale a dire 240mila in tre anni: trenta 'reazioni avverse' non sono niente".
 
(22 febbraio 2012)

mercoledì 1 febbraio 2012

Sono più di 4500 le italiane con protesi mammarie difettose


Sono più di 4500 le italiane con protesi mammarie difettose

Dopo lo scandalo delle protesi Pip al silicone tossico il ministro della Salute fa sapere che in Italia sono stati effettuati 4525 impianti. Rinforzati i controlli in Europa

di  - 
Le protesi mammarie Pip - al centro di uno scandalo sanitario in Francia negli ultimi mesi - sono state utilizzate in gran numero anche in Italia.
Donne con protesi

Si stima che i chirurghi palstici tra il 2001 e il 2011 abbiano effettuato 4.525 impianti con le protesi incriminate. Lo ha reso noto il ministro della Salute, Renato Balduzzi, illustrando in commissione Sanità i primi dati del censimento richiesto dal ministero dopo lo scandalo delle protesi francesi al silicone tossico. Il ministro ha anche spiegato che si tratta di dati incompleti in quanto nel conteggio mancherebbero alcune regioni. Fino ad ora gli impianti dichiarati sono 3802, effettuati in 152 strutture, il 53% nel Centro Italia.
Intanto arrivano anche le lamentele dei chirurghi"Nello scandalo delle protesi Pip non solo le pazienti, ma anche noi chirurghi siamo parte lesa". E confessano le loro intenzioni:"Abbiamo deciso di denunciare la società francese Poly Implant Prothesis, cioè la casa produttrice delle Pip, e l’ente certificatore tedesco T.U.V. Rheinfeld, chiamato ad effettuare i controlli".
I chirurghi che hanno utilizzato gli impianti incriminati sostengono così di essere stati oggetto di truffa, come tutte le pazienti, secondo le parole di Mario Pelle Ceravolo, vicepresidente di Aicpe, l'associazione che riunisce chirurghi plastici che si dedicano principalmente all’aspetto estetico. Intanto l'Authority sanitaria francese fa sapere che Francia e Unione europea si impegneranno a rinforzare i controlli prima e dopo la messa sul mercato dei dispositivi medici.

sabato 21 gennaio 2012

Trapianto di ciglia, ultima follia

Trapianto di ciglia da cadavere , ultima follia

Arriva in Italia la tecnica di rinfoltimento, anche per le sopracciglia


Avreste mai pensato che si potesse fare un trapianto delle ciglia? No, vero? E invece, dopo aver già mietuto un notevole successo sia negli Stati Uniti che in Gran Bretagna, questo tipo di intervento estetico di chirurgia plastica, che consente il rinfoltimento, giunge anche da noi.

Per motivi medici
La tecnica nasce per motivi medici, prima ancora che estetici: "Esistono esiti da ustioni o da traumi che impediscono alle ciglia di crescere", spiega Luigi Sala, chirurgo plastico e ricostruttivo specializzato, membro della Società europea di chirurgia della calvizie. "Per ricrearle si procede come se si dovesse eseguire un trapianto dei capelli: si prelevano circa 30-40 follicoli piliferi dalla nuca, l'unica regione in cui crescono tutta la vita, si eseguono delle microincisioni lungo il margine ciliare e si innestano accuratamente i peli. Contro il fastidio si pratica un'anestesia locale: non esiste pericolo di rigetto, perché i follicoli sono riconosciuti come propri anzi, le ciglia crescono lunghe e forti, visto che è come se fossero capelli e vanno regolate".

Anche per le sopracciglia
La stessa procedura si può seguire per le sopracciglia, che possono diradarsi sia in seguito a traumi o cicatrici, sia dopo drastiche depilazioni o strappi eccessivi. "Anche in questo caso si prelevano i bulbi dalla nuca e si trapiantano tramite microincisioni nell'arcata sopraccigliare andando a riempire e a regolare la forma delle sopracciglia", continua Sala. "Già dopo sei mesi circa il 60% dei bulbi ricomincia a ricrescere: per un risultato definitivo bisogna attendere un anno".

Per motivi estetici
Se in Italia ciglia e sopracciglia sono l'ultimo trend in fatto di estetica, nei paesi anglosassoni da anni lo sguardo è ai primi posti dei canoni di bellezza. Negli Stati Uniti le attrici non fanno mistero di ricorrere alle extension ...per le ciglia: Nicole Kidman ammette di ritoccarle ogni sei-otto settimane, Naomi Campbell preferisce di gran lunga utilizzare le extension piuttosto che il mascara e doversi struccare ogni sera, mentre la spa Shikuza di New York, uno degli indirizzi più esclusivi per una remise en forme dello sguardo, ha una lista d'attesa di mesi per un appuntamento. 
Ma l'indiscusso guru mondiale delle ciglia è il chirurgo Alan Bauman, consacrato dalle più famose riviste d'oltreoceano come Vogue e W magazine, che opera a Boca Raton in Florida ed è stato tra i primi a mettere a punto la tecnica di infoltimento. Gli fa concorrenza Jeffrey Epstein a Miami, altro nome conosciuto tra lo star system di Hollywood, mentre chi vuole tirare con il prezzo, a suo rischio e pericolo, può andare a Shanghai dove si fa a gara a trovare il trapianto alla tariffa più stracciata.
In Inghilterra, complice anche la moda delle sopracciglia naturali che dilaga negli ultimi anni, secondo un'analisi che si è svolta all'ultima edizione del convegno annuale della British Association of Aesthetic Plastic Surgeon, l'infoltimento delle sopracciglia è una delle tecniche più diffuse, perché ritenuta più efficace per un effetto reale e naturale del tatuaggio permanente. Tra i pionieri il dottor Bessam Farjo, inglese di Manchester, uno dei massimi esperti al mondo dei metodi di rinfoltimento. 

venerdì 20 gennaio 2012

Protesi mammarie cancerogene, allarme anche in Italia: il ministero rimborserà alcuni reimpianti


Protesi mammarie cancerogene, allarme anche in Italia: il ministero rimborserà alcuni reimpianti


L’allarme ormai è generale anche in Italia. Le protesi Pip (Poly implants prothesis ) prodotte in Francia destano preoccupazioni per la possibilità di tumore. Le protesi potenzialmente cancerogene sono state ritirate dalla circolazione nel 2010 ma sono migliaia le donne che potrebbero averle utilizzate. Tanto che il ministero della salute, su parere del Consiglio superiore di sanità, ha deciso di intervenire. “Non esistono prove di maggior rischio di cancerogenicità – ha detto il ministro Renato Balduzzi - ma sono state evidenziate maggiori probabilità di rottura e reazioni infiammatorie”. Le donne interessate comunque sono state invitate a discutere la situazione con il chirurgo che le ha operate. Alle cliniche viene invece chiesto di collaborare contattando le pazienti sottoposte a intervento con quel silicone.
Il ministro Balduzzi ha annunciato inoltre che gli eventuali reimpianti verranno rimborsati dal servizio pubblico, purché ci siano indicazioni specifiche. Saranno valutati solo i casi di mastoplastica legati a problemi di salute, dunque ricostruzioni per carcinoma alla mammella. Intanto il ministro della Sanità francese, Xavier Bertrand, ha raccomandato "a titolo preventivo e senza carattere d'urgenza", che sia proposto l'espianto delle protesi mammarie alle donne che le portano, anche in assenza di segni di deterioramento.
Sono circa 30mila le donne francesi che si sono fatte impiantare protesi mammarie di marca Pip (Poly Implants Prosthesis), alcune delle quali sono fabbricate con un gel al silicone non conforme alle norme sanitarie, con un'alta probabilità di rottura dell'involucro e con un alto rischio di infiammazione dei tessuti e di sviluppare un tumore. Il parere scientifico consegnato ieri sera al governo francese evidenzia che non c'è "rischio aumentato di cancro" nelle donne con protesi mammarie di marca Pip. Lo ha dichiarato il ministero della Sanità di Parigi in un comunicato.
23 dicembre 2011

giovedì 19 gennaio 2012

Panico da protesi al seno

   

Panico da protesi al seno

di Valerio Perrone
Una protesi mammaria è costituita da un involucro di materiale plastico e da un contenuto che, nella maggior parte dei casi, almeno in Europa è costituito da un gel di silicone. La differenza fra le varie protesi è data dalla forma,dalla tipologia del gel contenuto nell’involucro e dalle caratteristiche dell’involucro stesso.

 La variabilità degli impianti è una conseguenza del fatto che non esiste una protesi “ per tutte le stagioni” ; ogni paziente è portatrice di una realtà anatomo-clinica diversa per cui esiste la necessità di scegliere l’impianto con le caratteristiche che più si addicono al singolo paziente ed al singolo intervento che dovrà essere effettuato su quel paziente.

Nel libero mercato esistono numerose case produttrici di protesi mammarie. Ognuna delle quali offre i suoi prodotti sottolineandone le caratteristiche e proponendole ai chirurghi i quali operano la loro scelta su criteri scientifici (pubblicazioni specifiche ed esperienza personale etc.) e pratici ( facilità di reperimento e d’uso, rapporto qualità prezzo etc.).

Da un punto di vista strettamente economico non è scientificamente corretto giudicare la validità di un impianto sulla base del suo costo in quanto alla creazione del prezzo di una protesi concorrono una serie di fattori: in primis le spese di marketing e di distribuzione ed in ultimo il costo di produzione. Questa priorità dei valori nella quantificazione del costo di un impianto è data dal fatto che, trattandosi di materiali di facile ed immediato reperimento la qualità dei materiali stessi ha un’influenza relativa sul costo al dettaglio dell’impianto rispetto a quello della catena marketing-distribuzione che,  invece, è molto alto.. Da ciò si evince che una protesi che costa 100 Euro di più non necessariamente offre migliori garanzie o risultati di una concorrente che ha un costo relativamente più economico.

Da un punto di vista di attinenza alle regole ogni impianto deve essere contrassegnato da un marchio CE che ne garantisce la commerciabilità nei paesi dell’Unione Europea.

Pertanto se esaminiamo un listino prezzi di alcuni tipi di protesi reperibili sul mercato  vedremo che esiste una minore variabilità fra alcune tipologie di impianti allineati su un listino pressoché sovrapponibile ed altre che si collocano in una fascia più alta per scelta del produttore o del distributore.



PIP:740,00 € + iva

CUI Allergan:  750,00 € + iva

Laboratoire ARION:  800,00 € + iva

Sebbin :  800,00 € + iva

Eurosilicone: 800,00 € + iva



Esistono poi altre case  ( Allergan, Mentor,Polytech  Silimed etc. ) che propongono costi leggermente più alti spesso correlati ad una migliore distribuzione , ad una più ampia scelta di modelli o ad una maggiore e più solida penetrazione del marchio sul mercato.

La Poly Implant Prothese, sul mercato da oltre 20 anni, ha prodotto e commercializzato centinaia di migliaia di impianti che per un lungo periodo non hanno creato problematiche più frequenti od importanti della altre protesi. Il 31 Marzo 2010, però, a seguito di alcune segnalazioni riguardo alcune complicazioni relative agli impianti prodotti da questa casa il Ministero della Salute francese ha constatato che le caratteristiche fisiche delle protesi PIP non corrispondevano più ai criteri necessari alla commercializzazione ed ha bloccato la vendita e ritirato dal mercato tutte le protesi PIP.

Tempestivamente anche il Ministero della Salute italiano ha seguito la stessa linea d’azione con la direttiva del 1 Aprile del 2010. Sia il continente che il contenuto delle protesi appariva di qualità difforme da quella che era stata accertata al momento del rilascio dell’autorizzazione al commercio alcuni anni prima.

Nel frattempo venivano eseguiti studi sui pazienti portatori di queste protesi che evidenziavano una maggiore frequenza di rottura ed una maggiore fluidità del gel che appariva di qualità industriale e non medica, quindi inappropriata, con conseguente più alto rischio di irritazione da parte del materiale sui tessuti circostanti in caso di fuoriuscita per rottura della capsula esterna.

Non è mai stato accertata alcuna tossicità, né rischio di cancerogenicità nei due studi effettuati dal Ministero della Salute francese ed inglese che si sono occupati dell’argomento.

Qualche giorno fa’, però, sono apparsi comunicati stampa mediatici decisamente allarmistici in cui si parlava di rischio cancro e necessità di asportazione immediata delle protesi. Ciò ha creato il panico in tutte le pazienti ,molte delle quali hanno contattato i chirurghi con paure ed ansie spesso ingiustificate.



La realtà dei fatti è nei seguenti punti:



1 Le protesi mammarie non sono eterne, di qualunque casa esse siano. Esistono pubblicazioni scientifiche attendibilissime che informano sul fatto che a dieci anni dall’intervento dal 26% al 50% delle protesi evidenziano fenomeni di importante usura o rottura conclamata. Addirittura uno studio più vecchio del 1998 (effettuato ,però,su protesi che avevano minore resistenza nel tempo) stima che dopo 15 anni l’83% degli impianti presentava fenomeni di rottura. Una ricerca più attuale, verosimilmente grazie alla migliore qualità delle protesi di più recente produzione, offrirebbe risultati meno allarmanti. Da ciò si evince che tutte la pazienti sottoposte ad un intervento di mastoplastica additiva dovrebbero essere periodicamente sottoposti ad esami clinici e radiologici per accertare l’integrità delle protesi. Tale misura precauzionale è ancor più valida nel caso delle protesi PIP.



2 Le pazienti che non conoscono la tipologia delle loro protesi devono farne richiesta al chirurgo che le ha operate e che dopo aver effettuato una approfondita valutazione del caso attraverso gli esami clinico strumentali ( ecografia e risonanza magnetica) suggerirà la condotta più opportuna.



3  Il Ministero della Salute inglese ha sottolineato che non esiste nessuna necessità di espiantare le protesi PIP a meno che non esista evidenza di fenomeni infiammatori o di rottura delle stesse. Il Ministero della Salute italiano concorda sulla stessa linea di azione. In Francia Il Ministro francese Bertrand suggerisce la necessità di rimuovere le protesi contrastando con le conclusioni degli studi effettuati.

4 Non esistono motivi che debbano creare panico nelle pazienti in quanto è stato provato scientificamente da accurati studi pubblicati sulla migliore rivista di chirurgia plastica americana che confermano che la rottura di una protesi debba necessariamente essere trattata con urgenza soltanto qualora il gel abbia superato la barriera che il corpo crea e che circonda sempre la protesi stessa. Qualora esista un usura od anche una rottura dell’impianto, ma senza stravaso del gel nei tessuti al di fuori di tale barriera, l’intervento di  sostituzione non ha nessun carattere di urgenza ma può essere dilazionato e programmato nel tempo. A tutt’oggi esistono decine di migliaia di pazienti che vivono con protesi che presentano una rottura intracapsulare ( in cui il gel rimane nella capsula cicatriziale formata dal corpo), lo ignorano e probabilmente morranno per cause naturali senza trarre alcun danno dagli impianti che portano con sé

5 Le responsabilità di questa situazione sono da attribuire esclusivamente alla casa PIP che ha pensato, verosimilmente per abbassare i costi di produzione, di usare materiali di minor qualità rispetto a quelli che utilizzava prima. Ignoriamo a che data risalga questo peggioramento nella qualità della produzione. Ad un esame fisico tale peggioramento di qualità non era assolutamente percepibile dal medico, quindi i chirurghi che hanno impiantato le protesi sono stati ingannati alla stessa stregua dei pazienti. E’ assurdo attribuire responsabilità ai medici utilizzatori di queste protesi le quali, non solo avevano il marchio CE come tutte le altre, ed un costo paragonabile a molte delle loro concorrenti ma presentavano, all’esame visivo, caratteristiche fisiche del tutto appropriate e ottimali per tali interventi. Per cui la scelta di tali impianti risultava prima della scoperta delle recenti ricerche assolutamente in linea con le norme vigenti che regolano la professione chirurgica in tutti gli stati dell’Unione Europea.

6 E’ opportuno sottolineare come anche gli organismi di controllo europei sui dispositivi medico-chirurgici non abbiano fatto una gran bella figura in questa occasione. Come è possibile che una volta elargita un’autorizzazione alla commercializzazione ad un certo tipo di protesi se ne controlli la qualità solamente dopo 10 anni, ed esclusivamente in seguito a segnalazioni di complicazioni ? Non dovrebbe essere importante controllare annualmente caratteristiche e qualità di tali dispositivi che vengono inseriti in decine di migliaia di pazienti e che centinaia di migliaia di pazienti portano con sé per tutta la vita ? La FDA americana è di gran lunga meno elastica e molto più severa nel permettere l’uso di qualunque dispositivo medico da usare su pazienti. Prima di ottenere un autorizzazione alla commercializzazione esige esami meticolosi in vitro ed in vivo per periodi adeguati a fornire certezze scientifiche. Inoltre tale organizzazione esercita controllo continuativo sui prodotti garantendo che i criteri necessari vengano mantenuti immutati nel tempo ed ulteriormente adeguati ai miglioramenti conseguenti ai dati riportati dalle pubblicazioni e dai sanitari di riferimento.

7 Il Ministero della Salute  ha confermato che gli eventuali interventi causati da necessità di espianto saranno a carico del Sistema Sanitario Nazionale. Non sono ancora stati comunicati i dettagli e le procedure da seguire per gli aspetti amministrativi relativi a tali interventi.
17 gennaio 2012



Protesi seno, non solo Pip: occhio alla bassa qualità


Protesi seno, non solo Pip: occhio alla bassa qualità

protesi mammarie, Pip, silicone, chirurgia estetica, chirurgia ricostruttiva, rottura protesiSottoporsi all'impianto di protesi mammaria, per motivi ricostruttivi a seguito di patologie del seno o puramente estetici, è un intervento che va eseguito alla luce digaranzie e informazioni che il chirurgo deve mettere a disposizione della paziente. I recenti casi di rotture delle protesi prodotte dall'azienda francese Poly implant protese, da cui il nome di protesi Pip, hanno sottolineato l'esigenza di maggiore sicurezza e hanno messo in apprensione migliaia di donne che dal 2001 a oggi si sono sottoposte a chirurgia plastica del seno. Maurizio Nava, direttore della Chirurgia plastica e ricostruttiva dell'Istituto nazionale dei tumori di Milano, suggerisce a queste pazienti che cosa fare e a quelle che desiderano richiederla quali garanzie esigere.

Dottor Nava, in caso di rottura della protesi compaiono sintomi o segnali particolari?Sì, la paziente si può accorgere inizialmente di una variazione di forma della mammella, può comparire un disturbo a livello toracico con un dolore non specifico diffuso o localizzato all'altezza dei muscoli pettorali, dovuto a una iniziale infiammazione. Se l'infiammazione è invece già in corso la parte è più dolorante e la pelle appare arrossata e calda. Segnali già più importanti sono l'aumento di volume dovuto alla formazione di siero che produce l'organismo come reazione sistemica, e un'infezione locale, un rischio cui si è esposti in questi casi. Può succedere che i sintomi siano silenti ma che compaia un linfonodo ascellare che si ingrossa per drenare il materiale fuoriuscito dalla protesi.

Perché le protesi Pip sono a rischio di rottura? E le altre?Va detto che tutti gli impianti in teoria si possono rompere, a causa di traumi, usura o danni durante l'impianto, ma questa evenienza dipende dalla qualità. Il problema delle protesi Pip è il tipo di silicone con cui sono state prodotte che anziché essere quello per uso medicale è quello per uso industriale. Le protesi di 5° generazione che sono in commercio hanno caratteristiche che sono il meglio finora ottenuto dalla ricerca. Contengono un gel di silicone ad alta coesività, che evita la dispersione di liquidi, rivestito da un triplo strato impermeabile, che riduce al minimo la fuoriuscita di macromolecole di silicone. La superficie esterna presenta una certa rugosità che riduce al minimo la reazione capsulare periprotesica, vale a dire la formazione di un sottile tessuto attorno alla protesi che in una bassa percentuale di casi è più spessa. Queste caratteristiche come pure i costi, variano e dipendono da quanto il produttore investe nella ricerca. Nel caso delle Pip oltre a essere più a rischio di rottura, non è nemmeno noto come si comporta il silicone a uso industriale nell'organismo e se è cancerogeno, aspetto su cui non ci sono sufficienti dati per stabilirlo, poiché le protesi sono state introdotte nel 2001.

Come fa una donna a sapere se le è stata impiantata una Pip?Per conoscere il tipo di protesi che è stata impiantata bisogna controllare un'etichetta che viene inserita nella cartella clinica dopo l'intervento e che oltre al numero di lotto riporta anche un numero seriale. La stessa etichetta viene rilasciata alla paziente allegata a una sorta di carta di identità della protesi, con nome del chirurgo e del luogo in cui è stato eseguito l'intervento. Se è stata smarrita si può richiedere copia della cartella clinica.

Una volta che si ha la certezza come bisogna procedere?Se si scopre o c'è il sospetto che si tratti di una Pip non è necessario allarmarsi se non ci sono sintomi. Su questo punto ci sono posizioni diverse. La Francia per esempio le sostituirà tutte, la Gran Bretagna solo quelle con problemi. Il ministero della Salute dice di controllare le pazienti che devono concordare con il proprio specialista gli esami di controllo e anziché fare la risonanza magnetica ogni 10 anni, farla ogni 5. Diverso è se ci sono i sintomi, in questi casi va sostituita ma senza allarmismi poiché non esistono pericoli gravi per la salute, salvo in casi di infezioni in corso che richiedono una procedura programmata di sostituzione. Non va dimenticato che tutte le donne con protesi devono fare controlli annuali e risonanza ogni 10 anni, perché le protesi non sono eterne e se l'impianto è stato fatto da giovani bisogna mettere in conto che andranno sostituite almeno un paio di volte perché l'organismo femminile cambia nel tempo, per esempio con una gravidanza.

Protesi seno, non solo Pip: occhio alla bassa qualità

Che garanzie hanno le donne che desiderano sottoporsi oggi all'impianto?Queste pazienti devono conoscere che tipo di impianto viene usato, se è rotondo o anatomico, chi lo produce, quali sono le caratteristiche. Tutte queste informazioni sono contenute nel libretto informativo e il consiglio che do è di effettuare l'acquisto diretto in accordo con il chirurgo per avere una garanzia in più sulla qualità. Per legge le protesi devono essere fatte con silicone medicale e nel caso delle Pip c'è stata una carenza di controlli. Il titolare dell'azienda, oltre ad aver chiuso i battenti, è infatti ricercato dall'Interpol.

Simona Zazzetta

domenica 15 gennaio 2012

Deturpata dalla chirurgia estetica, chiede i danni


Deturpata dalla chirurgia estetica, chiede i danni

Processo

Dopo un intervento riuscito malissimo, vuole 50mila euro dal chirurgo

di Paola Pagnanelli

Chirurgia estetica
Chirurgia estetica
Macerata, 14 gennaio 2012 - UN’ODISSEA iniziata con il desiderio di vedersi più bella, e finita tra brutte cicatricie le pastoie del tribunale di Macerata. E’ quanto sta vivendo un’impiegata quarantenne di Appignano, in attesa di essere risarcita dopo un pessimo intervento di chirurgia plastica. La sua storia inizia nel 2000, quando decide di sottoporsi a una mastoplastica per ingrandire il seno. Si rivolge a un chirurgo piuttosto noto che opera in zona, e tutto riesce benissimo. Dopo quattro anni però non è più soddisfatta della sua immagine. Consulta un altro chirurgo plastico, che da tempo visita in un ambulatorio di Macerata, e dopo aver ottenuto rassicurazioni sulla possibilità di rimuovere le protesi in sicurezza, si sottopone alla mastoplastica riduttiva.Ma l’operazione non va affatto bene: la donna si trova con il seno deturpato e asimmetrico. Il professionista la sottopone ad altri due interventi, con la laser terapia, garantendole che tutto sarebbe tornato a posto. Invece il seno resta danneggiato. E alla donna, affiancata dai legali Andrea Marchiori e Tiziana Ceccarelli, non rimane che chiedere un risarcimento: 50mila euro tra spese e danni biologico, morale ed esistenziale.
 
LA CAUSA viene aperta al tribunale di Macerata, dove viene disposta una consulenza preliminare, che dà ragione all’impiegata. Nel 2007 si inizia il processo: viene disposta un’altra consulenza, vengono sentiti i testimoni, e cambia per tre volte il giudice che se ne deve occupare. Alla fine l’istruttoria si chiude, ma il magistrato che oggi ha il fascicolo, e che nei giorni scorsi avrebbe dovuto fissare l’udienza per le conclusioni, ha disposto l’ennesimo rinvio, a dicembre.
Il consulente del tribunale, un primario di Roma, ha già dato ragione alla donna: la riduzione delle protesi avrebbe dovuto essere accompagnata da un intervento sui tessuti, e il laser era inadeguato a risolvere il problema. Il chirurgo, che è difeso dall’avvocato Luca Calzetti e che ha chiamato in causa l’assicurazione (assistita dall’avvocato Giovanni Mazzei) si difende dicendo che era stata la paziente a chiedere di procedere in quel modo.
Paola Pagnanelli