venerdì 16 dicembre 2011

Plastica al naso, morto il ragazzo «Troppi casi di anestesia locale»

PAVIA - E' durata 4 giorni l' agonia di Paolo Acerbi, il diciannovenne di Vigevano finito in coma sabato scorso durante l' intervento di rinoplastica, compiuto in anestesia locale, in un centro medico privato. Ieri alle 17 è stata certificata la morte cerebrale e i genitori del ragazzo hanno dato l' assenso alla donazione di polmoni, reni, fegato, pancreas, aorta addominale e cornee. Il cuore, invece, su richiesta della Procura, è rimasto a disposizione per l' autopsia. L' inchiesta procede ora con l' ipotesi di omicidio colposo e già oggi potrebbero essere emessi avvisi di garanzia. *** MILANO - In rivolta. La morte di Paolo Acerbi fa esplodere la polemica degli anestesisti sugli interventi chirurgici svolti in ambulatorio senza la loro presenza oppure in assenza dei requisiti minimi di sicurezza (presenza di defibrillatori, monitor per l' elettrocardiogramma, farmaci per le emergenze). Finisce sotto accusa un fenomeno in rapida crescita, anche per motivi economici: operare ambulatorialmente permette di abbattere i costi di oltre il 50% (solo un anestesista costa sui 3 mila euro al mese). Ma adesso c' è chi dice basta. «Bisogna porre un limite alla diffusione degli interventi complessi in ambulatorio - attacca Ida Salvo, autrice delle "Linee guida sulla sicurezza in sala operatoria" della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva (Siaarti) -. Le operazioni ortopediche di una certa entità, così come quelle al naso e le liposuzioni è meglio svolgerle con l' assistenza di un anestesista e/o in presenza delle apparecchiature mediche indispensabile per agire subito». L' anestesia locale è di moda, merito anche dei suoi vantaggi economici e della possibilità di ripresa più rapida per il malato: solo in Lombardia adesso un' operazione su 5 viene svolta senza addormentare il paziente (30 mila casi su 150 mila). È il doppio rispetto agli Anni Novanta. Il problema è che spesso gli interventi vengono svolti al di fuori delle mura ospedaliere. Lo stesso vale per il resto d' Italia, soprattutto per la chirurgia estetica. «La morte del giovane di Pavia forse si poteva evitare - sottolinea Vincenzo Carpino, presidente dell' Associazione anestesisti e rianimatori ospedalieri italiani (Aaroi) -. È incomprensibile che il suo cuore abbia dovuto aspettare 40 minuti prima che i medici lo facessero ripartire». Anna Levati, responsabile della commissione di studio Siaarti sul rischio clinico, chiarisce: «In caso di problemi è più facile intervenire sui pazienti completamente addormentati perché sono già intubati. A maggior ragione, dunque, quando si fa la locale tutto dev' essere pronto per agire il più tempestivamente possibile». In Italia oggi l' anestesia ha effetti indesiderati su un paziente al giorno: i contrattempi vanno dal calo della pressione, all' insufficienza respiratoria fino all' arresto cardiaco e alla morte. La stima è della Siaarti. Il suo presidente Luciano Gattinoni invita, però, alla cautela: «Gli ospedali italiani fanno 15 mila interventi al giorno - dice -. Ci possono essere complicazioni anche in assenza di errori: il rischio in medicina, come in qualsiasi altro campo, va accettato». Giorgio Torri, docente di anestesia all' Università Vita e Salute del San Raffaele, ribadisce: «Per prevenire le tragedie è indispensabile avere a disposizione le apparecchiature necessarie per gli interventi d' urgenza».

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